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Brancaleone

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BRANCALEONE SUPERIORE (RC)

la storia del paese dalle origini

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Pagina creata nel 2010 ultimo agg. del 21-nov-2012

¹ VIDEO ass.nat.br.

µBRANCALEONE 100 ANNI FA

µRASSEGNA DI FOTO ANTICHE

LA STORIA DEL PAESE

µFoto Associazione Naturalmente Brancaleone

 

 

Veduta da nord - lato monte

foto Pietro Callea

Come si presentano oggi i ruderi dell'antico borgo

 

Veduta da sud - lato mare

foto Pietro Callea

Come ci si arriva:     ü Posizione Google Maps

dalla marina di Brancaleone (RC), sulla SS 106 verso la fine del paese, andando verso Catanzaro, si prende il bivio in direzione Staiti. La strada porta al Paese Nuovo, frazione nata dopo l'abbandono dell'antico borgo. Fatti un paio di km sulla sinistra c'è una Chiesa, poi il bivio per il cimitero, continuare ancora per 100 m poi in corrispondenza di una curva decisa della strada bisogna prendere un strada stretta tra le abitazioni a sinistra, in leggera salita. Chiedere perchè mancano le indicazioni per girare. Si prosegue in salita su una strada panoramica con diversi tornanti. Arrivati ad un bivio con una piccola Madonnina si gira a destra poco oltre si incontra l'antico cimitero, poi i ruderi delle prime case e la piazza con un grande albero della Chiesa "nuova" parcheggiata l'auto si prosegue a piedi verso i ruderi del borgo antico.

Nuova Chiesa dell'Annunziata (1939) già sede del Convento di S.Agostino Chiesa madre dell'Annunziata del 1500 - basamento e ruderi particella catast. "Convento" - sede dell'antico Castello Piazza Convento Strada vicinale Convento Piazza Vittorio Emanuele o Piazza del Ponte così detta per l'antico ponte di accesso al Castello Palazzo Marino Palazzo Benavoli Palazzo Terminelli Via Vittorio Emanuele Il ripido e boscato versante nord del colle su cui si aprono alcune grotte L'antico borgo di Brancaleone Superiore è su un colle di poco più di 300 m sul livello del mare dal quale si aprono panorami di incredibile bellezza verso il mare, verso la fiumara Pantano Piccolo, verso i vicini paesi di Bruzzano, Ferruzzano, Staiti, e verso i primi contrafforti dell'Aspromonte con le vette calcaree di Pietra Pennata.

Nella foto satellitare si vede a sinistra la Chiesa "nuova" con pianta a croce ed il grande albero della piazzetta antistante.

Al centro del Borgo, tra i ruderi del paese, è visibile il basamento dell'antica chiesa del 1500 dell'Annunziata (nella foto in colore bianco acceso).

Tra i ruderi alcune grotte con antiche decorazioni di immagini sacre purtroppo ormai quasi completamente irriconoscibili.

Esplora con il mouse la foto collegamenti alla Storia del Paese

LA STORIA DEL PAESE

Tratta da:

"BRANCALEONE  nel mito, nell'epopea, nella realtà"

di Pino Fava vedi

e

"BRANCALEONE tra cronaca e storia

origini e sue antiche vicende"

di Vincenzo De Angelis vedi

Il colle dove sorgeva il Castello Palazzo Terminelli Il Convento di S. Agostino Piazza del Convento Chiesa madre dell'Annunziata del 1500

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collegamenti alla Storia del Paese

Tra il V ed il VI secolo, assieme ai trasferimenti dei condottieri e combattenti di ventura che venivano dall'Oriente, si accompagnavano preti e monaci greci, appartenenti all'ordine dei Basiliani.

L'arrivo dei monaci basiliani nella Bovesia o nel comprensorio dell'antica diocesi della città di Bova, di cui fa parte la terra di Brancaleone, è stato di notevole importanza, in quanto, probabilmente alcuni centri urbani sono sorti per la loro presenza e per le opere di beneficenza che prestavano.

Secondo il Natoli, cronista e storico attendibile, l'attività economica e culturale dei monaci basiliani contribuì, in modo profondo, ad arricchire la civiltà locale di nuovi elementi culturali, provenienti dal mondo greco-orientale.

Ne derivarono forme nuove di civiltà nei costumi, nei riti religiosi, nella lingua, di straordinaria originalità.

Favorito dalla "grecanicita'" locale, il monachesimo ebbe un notevole sviluppo; molti furono conventi e chiese da loro costruiti, e i loro resti costituiscono un patrimonio di notevole valore storico ed artistico.

In un primo momento si adattavano ad abitare nelle varie grotte scavando dei cunicoli comunicanti per non essere preda delle scorrerie barbariche e saracene, successivamente nel periodo dei normanni, intorno al XI e XIIsecolo costruivano e dimoravano nei monasteri.

I monaci basiliani, molti dei quali erano dotati, oltre che di straordinario spirito di iniziativa, di cultura "greco-orientale", vivevano una vita di penitenza e di preghiera, ma anche si dedicavano ai  lavori manuali, all'apicoltura al lavoro nei campi, sempre disponibili a dare aiuto materiale e morale alle popolazioni locali, che si avvicinavano a loro con grande fiducia, fino a formare in vicinanza dei monasteri veri e propri agglomerati urbani.

Probabilmente anche Brancaleone Superiore è sorto con l'aiuto dei monaci: si ha infatti notizia che le grotte di Brancaleone scavate nella roccia, sono di quell'epoca, che verso la fine del 1300 vi era un monastero con otto monaci, che nel 1310 vi era una chiesa protopapale a Pressoceto, si ha anche notizia che S. Maria di Tridetti, famoso monumento bizantino (chiesa e convento) nella terra di Brancaleone, versava la decima alla diocesi di Bova.

Inoltre il Natoli scrive :"Ricordo di aver letto un testamento greco del 1200 in cui l'abate manifestava la volontà di cedere i suoi beni col patto che sopravvivendo alla moglie, fosse un giorno ricevuto come frate. Così nacquero i beni semplici come San Nicola di Brancaleone (chiesa granciale)."

Secondo quanto scrive Sebastiano Stranges in "Calabria sconosciuta" (n. 69 gennaio-marzo 96), le grotte di Brancaleone Superiore sono delle chiese-grotte. "Una chiesa grotta è ancora intatta con un pilastro centrale e motivi architettonici che si dipartono dal pilastro e corrono sulla volta. Ad oriente è ancora visibile quel che rimane di un altare e sul suo lato destro, una croce graffita con ai piedi della stessa un pavone stilizzato nell'atto di reverenza verso il sacro simbolo. Essenzialmente la grotta è tipologicamente affine alle "grotte chiesa" dell'Anatolia.

A Brancaleone altre grotte, sono presenti anche distanti dal centro abitato. Una tra le più interessanti è ubicata sempre a nord nella parte bassa della formazione rocciosa nei pressi della pista per i piani di Campolico. Questa grotta presenta tre croci graffite, delle quali una di stile diverso.

Per quanto riguarda il nome, anticamente la terra di Brancaleone si chiamava Sperlinga o Sperlonga, dal latino Spelunca e dal greco Spélugx, con il significato di caverna o spelonca.

Le origini di Brancaleone Superiore, risalgono presumibilmente al VI-VII secolo, con la presenza dei monaci che vivevano in chiese-grotte, ancora visibili; sopra di esse fu costruito un castello, presumibilmente intorno all'anno 1300: un originale castello medievale, non lontano da reperti archeologici sia della Magna Grecia e sia dell'epoca Romana.

Considerando la presenza delle chiese-grotte, probabilmente l'antico nome di Brancaleone, e cioè Sperlinga o Sperlonga era stato dato in base allo specifico significato della parola, sia che derivi dal greco sia che derivi dal latino: caverna o spelonca.

Intorno al 1200 veniva dato il nome di Brancaleone; sulla precisa derivazione di questo nome non abbiamo nessuna certezza, ma soltanto qualche ipotesi, fatta da vecchi autori, come il Barrio, secondo il quale il nome di Brancaleone potrebbe derivare dalle zampe anteriori del leone, volgarmente dette branche; altra ipotesi è che il nome sia stato dato per la presenza in questa zona del fiore di una pianta chiamato "boccaleone", poiché qualche vecchio autore ha scritto di Brancaleone chiamandolo Boccalionem.

Anche noi abbiamo azzardato una nostra ipotesi per quanto riguarda il nome di Brancaleone, e cioè che il nome sia stato dato in onore e per riconoscimento al valore militare di un miles che portava proprio tale nome.

Secondo Luigi Vento in "Calabria Costa dei Gelsomini" Brancaleone fu fondata al tempo della guerra del vespro (1282) da una famiglia di nome Brancaleone, di origine francese, fuggita dalla Sicilia.

Consultando i registri angioini presso l'Archivio di Stato di Reggio Calabria si nota che intorno al 1300 un cavaliere di nome Andrea Brancaleone, discendente dell'antica e nobile famiglia del principe della Massa Trebaria nel Pesarese, era presente, prima in Calabria e successivamente in Sicilia.

Inoltre, abbiamo notato, consultando i registri quinternioni presso l'Archivio di Stato di Reggio Calabria, che nel 1566, per un certo assenso, alla vendita fatta da un certo don Carlo Spinello "cum pacto de retrovendita", a Pietro Iacono Brancaleone della "terra di Santa Cristina e dei suoi casali".

Quindi possiamo dire di avere la certezza documentata che intorno al 1500 una nobile famiglia feudataria con il nome di Brancaleone si trovava in Calabria, e ciò dà credibilità alla nostra ipotesi.

Intorno al 1300, nel punto più alto del colle posto sopra le attuali rovine del paese, sorgeva un castello accessibile solo da un lato, probabilmente costruito dai Ruffo sopra le chiese grotte, dove ancora oggi è visibile una croce graffita e un pavone (oggi dell'antica fortezza non sono visibili i ruderi). L'accesso al castello era ubicato nel lato settentrionale e avveniva per mezzo di un ponte posto in adiacenza alla casa della famiglia Musitano che affaccia sulla piazza principale del paese: Piazza Vittorio Emanuele che, per questo motivo, era anche detta "Piazza del Ponte". Qui, nel sottosuolo si trova una grotta che era la vecchia prigione del Castello.

Nel 1364 la terra di Brancaleone fu data in feudo ad Antonello Ruffo, discendente dei Conti di Sinopoli, e a questa casata rimase per quattro generazioni, fino alla morte di Antonello figlio di Geronimo, avvenuta a Palizzi nel 1515. Nella prima metà del 1400, Brancaleone aveva vissuto un periodo di crisi, con un accentuato spopolamento, poiché il feudatario Geronimo Ruffo chiese una riduzione delle collette per la perdita di molti fuochi. Nel 1489-1494 Brancaleone faceva parte di quell'elenco di castelli che Alfonso D'Aragona riteneva di dover fortificare per potenziare le difese del Regno.

L'ultima discendente dei Ruffo di Brancaleone è Geronima, la quale va in sposa ad Alfonso de Ayerbo signore di Simari, il quale diviene signore di Brancaleone.

Quindi dai Ruffo si passa alla famiglia de Ayerbo d'Aragona, così che la signoria feudale di Brancaleone, alla morte di Alfonso (4 giugno 1520), viene così trasferita nella persona di Michele d'Aragona de Ayerbo.

Nel 1548 la successione passa al figlio Alfonso, che con speciale patto vende la baronia a Troiano Spinelli Marchese di Mesoraca.

Il successore, Giovanni Battista Spinelli, considerando il patto stabilito, rivende la terra di Brancaleone con il suo casale (Staiti) al predetto Alfonso d'Aragona.

Secondo alcuni dati forniti dal Valente nel "Dizionario dei luoghi della Calabria" il movimento demografico segna negli anni:

  • 1532 - 170 fuochi

  • 1545 - 180 fuochi

  • 1561 - 105 fuochi

  • 1569 - 92 fuochi

Ogni fuoco corrispondeva a un gruppo familiare, considerando che mediamente potesse essere costituito da 6 persone il numero degli abitanti del paese doveva essere in quegli anni intorno alle 1.000 persone.

In questo periodo fu edificata l'antica chiesa madre dell'Annunziata. Le campane della chiesa erano state fabbricate nel 1.118 e 1.148, esse furono poi trasferite nella chiesa nuova (edificata nel 1939) dopo la rovina della chiesa madre che, all'inizio del 1900, subì un crollo in cui morirono 2 persone.

La crescente diminuzione dei gruppi familiari dimostra la presenza di guerre e carestie che decimavano senza pietà. Secondo qualche storico la diminuzione della popolazione fuChiesa S. Maria Tridetti causata dall'influenza della chiesa di Tridetti, ubicata a valle, in direzione del vicino paese di Staiti, dove risiedevano un gruppo di monaci Basiliani. Infatti non è da escludere che per questa ragione molti si siano potuti trasferire più a valle. Pare che la chiesa di Tridetti sorse sui ruderi di un antico tempio di Nettuno e che il nome derivi dal tridente posseduto da Dio.

Nel 1571, Don Alfonso de Ayerbo d'Aragona, conte di Simeri, vende a Don Cristofaro La Rocca, nobile di Messina, la terra di Brancaleone col suo castello, per ducati 20.000 (cum pacto de retrovenendo).

Ma poco dopo, la detta terra di Brancaleone viene rivendicata dal conte Alfonso de Ayerbo, che ne fa vendita per 30.000 ducati, alla nobile messinese Donna Eleonora Spadafora, consorte di un altro nobile messinese, Federico Stayti, che per la morte del figlio Andrea, concede poi il possesso di quel territorio al nipote Federico.

Nel 1592, questo Federico acquista la terra di Bruzzano, e poi ottiene (10 settembre 1607) il privilegio del titolo di marchese di Brancaleone con il possesso del suo territorio.

Titolo e territorio passano poi al figlio Diego, che aggiunge al proprio il cognome d'Aragona.

Morto però senza prole, gli sarà erede la sorella Ippolita nata a Brancaleone nel 1605, mortavi il 17 aprile del 1674 e fu seppellita nel monastero degli eremitani di S.Agostino.

Nel 1646 una terza campana fu aggiunta alle due già presenti nella chiesa madre. In questo periodo una terribile malaria si abbatté sul popolo e il numero degli abitanti diminuì sensibilmente passando dagli 85 fuochi del 1595 ai 54 del 1669.

Con Ippolita il marchesato di Brancaleone passa in casa Carafa, avendo ella sposato Vincenzo Carafa, poi divenuto duca di Bruzzano, figlio di Fabrizio, primo principe del territorio di Roccella. Di tale famiglia fino a pochi anni fa rimaneva a Brancaleone Marina il palazzo della residenza estiva. Il palazzo antico ospitava le scuole medie, poi è stato demolito per costruire un residence. Con i Carafa, sarà erario della camera marchesale per Staiti e Brancaleone il barone Don Carlo Bologna.

Il nome della famiglia Carafa nacque in seguito ad una frase pronunciata da un noto ed autorevole imperatore che, dopo aver spronato i propri figli ad una incisiva e concreta lotta contro i saraceni, disse: "Cara fe fili mii".

Erede di Vincenzo e Ippolita sarà Giuseppe che però morirà prima di avere avuto l'intestazione, così come l'altro successore, Vincenzo di cui diventò erede il figlio Gennaro.

Il 9 dicembre del 1774, l'intestazione viene fatta in nome del legittimo erede, Vincenzo VII Marchese di Brancaleone, che sarà l'ultimo feudatario, prima dell'abolizione, per lo meno sul piano formale, delle prerogative di feudatario.

Nelle antiche carte topografiche, è riportata una località, in vicinanza di Brancaleone marina, denominata Torre di Sperlinga, che ancora esiste.

Su una delle pietre con cui è stata costruita la torre, si leggeva sino a tempi recenti, una scritta in latino (M.MIN....Bellum gesse...Sperlungae.....Dux erat.....recatus et sepoltus), ormai scomparsa, e di incerta decifrazione. La torre è stata costruita intorno al 1600 per sorvegliare il tratto di costa sottostante dalle invasioni saracene, e appositamente era stato costituito un corpo militare di sorveglianza, con uomini a cavallo che venivano detti cavallari i quali solitamente appartenevano alle nobili famiglie del posto.

Per mantenere questo corpo militare vigeva anche un criterio della spesa secondo il quale le popolazioni residenti entro dodici miglia dal mare pagavano la tassa per intero, oltre questa distanza la somma veniva dimezzata. Nel 1605-06, l'addetto alla sorveglianza era il "torriero" GiovanBattista Marzano; un secolo dopo, nel 1707, tale compito venne affidato a Carlo de Lorenzo.

La chiesa madre di Brancaleone Superiore, era la parrocchia dell'Annunziata, chiesa protopapale, situata,in alto, al centro del paese; all'interno della chiesa vi era un sotterraneo dove venivano seppelliti i sacerdoti e qualche nobile del paese; una leggenda narra di un sacerdote Don Carlo Bologna, seppellito seduto e legato a una sedia. Questa antica chiesa possedeva uno splendido altare del 1500.

Dove c'è l'attuale chiesacostruita nel 1939, vi era il convento di S.Agostino, e il cronista storico Bartarelli rileva la bellezza della più antica chiesa madre, con un portale del 1500, con suppellettili sacre antiche, con un altare in prezioso marmo lavorato. L'altare maggiore, dedicato al Santissimo Sacramento fu trasferito dall'antica chiesa alla nuova. Fino a pochi decenni fa se ne potevano ancora ammirare la splendide fattezze con decorazioni policrome. Oggi purtroppo, dato che la chiesa è completamente abbandonata, il prezioso altare è stato quasi completamente distrutto. A sottolineare il completo degrado della chiesa va detto che le antichissime campane degli anni 1.100 e 1600, sono state rubate nel settembre 1970.

Sempre a Brancaleone Superiore, e precisamente nella proprieta' Maddalone, vi è una grotta, larga all'ingresso un metro, alta m.1.95 e lunga m.1.80; ha due nicchiette: nella parete destra e in quella di fronte all'entrata. Gli affreschi sono meglio conservati nelle pareti di fondo; nella nicchia è raffigurata la madonna in atto di adorazione del bambino, adagiato in fasce e ai suoi lati sono raffigurati un corteo di Santi e Sante, martiri, vergini e monaci; lo stile sembra rinascimentale e la foggia del terzo Santo di destra, un monaco imberbe e con una sottile corona di capelli, è, a differenza del primo di stile occidentale (una pregevole descrizione della grotta e di un suo dipinto murale, denominato della "Madonna del riposo" ci ha dato il professore Domenico Minuto, nel 1966, pubblicato in "Catalogo dei monasteri e dei luoghi di culto tra Reggio e Locri).

La religiosità e la devozione cristiana, ma soprattutto motivi di prestigio, portava alcune nobili famiglie a fare costruire chiese-cappelle nelle loro proprietà e inoltre festeggiavano annualmente con festeggiamenti popolari un santo o una madonna. La famiglia Vitali festeggiava San Giuseppe, i Musitano la Madonna delle Grazie e i de Angelis la Madonna dell'Immacolata.

Vi era una chiesa nella località denominata S.Costantino, che apparteneva alla famiglia Manzo, o de Manzi; si legge nel testamento, conservato negli atti notarili presso l'Archivio di Stato di Locri, che Donna Grazia Manzo, o de Manzi, dopo aver nominato i suoi eredi, chiede di essere seppellita sotto l'altare della chiesa di S.Costantino, di proprietà della stessa.

Consultando i registri delle chiese-cappelle soppresse, presso l'Archivio di Stato di Reggio Calabria, abbiamo notato la registrazione, con data 6 marzo 1793, di una chiesa cappella dentro il fondo denominato Martello, di proprietà di Don Vincenzo de Angelis, e con data 27 marzo 1792 di una chiesa -cappella nel fondo denominato pantano o vignazza, di proprietà di Don Giulio Vitale.

Oltre alle chiese-cappelle già nominate, vi erano la cappella del Santissimo, la cappella della Madonna delle Grazie, la cappella di S.Leonardo, del Rosario, di S.Anna, di S.Caterina, e del Purgatorio.

Nel 1740, Brancaleone assieme a Palizzi, Bova, Bianco, Casignana ed altri paesi, subiva una forte carestia causata da una invasione di cavallette che avevano distrutto tutto quello che era stato seminato.

Il terremoto del 1783 provocò gravi danni in quasi tutta la Calabria Ultra, a Brancaleone anche se non fu registrata nessuna perdita umana, vi furono danni per più di venticinquemila ducati.

Nel 1799, Brancaleone subì un forte attacco da parte dei francesi e dei loro seguaci.

L'ordinamento amministrativo disposto dal Generale Chianpinnet, nel 1799, includeva Brancaleone nel cantone di Bova. Successivamente, la legge francese del 1806, lo dichiarava Università nel cosiddetto governo di Bianco e distretto di Gerace.

Il riordino del 1811, col quale venivano istituiti i comuni, lo riconosceva tale ponendolo nel circondario di Staiti (divenuto centro mandamentale per i paesi limitrofi), ma dividendo i demani ex feudati ed ecclesiastici che avevano in comune. I primi sindaci appartenevano alle famiglie dei: Bologna, Musitano, Vitale, Medici e Piromalli.

Nel 1826 il comune di Brancaleone ottenne il permesso di poter organizzare una fiera annuale nei giorni 27, 28 e 29 giugno.

Sulla spiaggia di Brancaleone era stato previsto lo sbarco della spedizione preparata dai fratelli Bandiera, poi affrettata verso la foce del Neto, molto più a nord.

Nel 1847, anche Brancaleone, al grido di libertà, ebbe i suoi perseguitati politici.

Nei moti rivoluzionari del 1847 contro i Borboni e a favore della libertà, Brancaleone non rimase fuori, anzi partecipò attivamente, specialmente con Giovanni Medici, il quale si spostava anche nei paesi della fascia ionica a raggiungere i capi dei moti rivoluzionari, Verduci e Michele Bello.

Secondo gli atti di polizia, Giovanni Medici e suo cognato Vincenzo Mesiani, entrarono nella caserma di Bianco riuscendo a prelevare ai gendarmi, polvere da sparo e moschetti che servivano per la causa.

Oltre a Giovanni Medici e Vincenzo Mesiani, vi erano altri rivoluzionari come il dottor Giulio Vitale che con trenta uomini armati raggiunse Michele Bello fino ad Ardore, Antonio De Angelis, Gaetano del Vecchio, Pietro Musitano, GiovanBattista e Pietro Raso, Silvestro Terminelli.

Nel 1858, anche a Brancaleone arrivava la linea telegrafica e Gaetano del Vecchio fu il primo capoposto telegrafico.

Il 13 settembre del 1861 sbarcò il carlista Josè Boryes per tentare la riconquista del Regno ai borboni; seguì uno sbarco, rimasto senza esito e impedito sul nascere, di una spedizione organizzata a Marsiglia dal generale francese Clary a favore dei borboni, poco dopo la proclamazione del Regno d'Italia.

Una spedizione destinata a fare insorgere la Sicilia "tradita" dal governo dei piemontesi, fu affidata a Don Josè Boryes, uno dei piu' accaniti difensori del carlismo in Spagna. Egli sbarcò a Brancaleone col suo luogotenente, Langloise, gia' capitano degli zuavi del Papa e con cento spagnoli, nella ferma fiducia che al suo primo apparire, tutte le popolazioni, sarebbero insorte in favore di Francesco II.

Brancaleone subì ulteriori danni nel terremoto del 1905 e dopo il terremoto del 1908, veniva deliberato il trasferimento dell'abitato da farsi a totale carico dello Stato, ma nel 1928 il provvedimento deliberato veniva revocato.

Dopo la prima guerra mondiale (1915-18), vi furono movimenti consistenti per l'occupazione delle terre. Lo spirito di ribellione, animato dalle forze socialiste, era tale che un proprietario terriero, l'avv. Antonio Romano, che era stato candidato alle elezioni politiche su posizioni radicaleggianti, propose addirittura la costituzione di una milizia della salvezza da contrapporre alla invadenza delle leghe contadine fondate e dirette dal socialista dott. Vincenzo de Angelis.

Brancaleone fu luogo di ispirazione letteraria, in pagine particolarmente significative per lo scrittore Cesare Pavese, inviato al confino proprio a Brancaleone dal regime fascista (1935-1936).

Nella vita quotidiana del paese, vi era una netta distinzione sociale senza mescolanze tra le varie classi o ceti.

Addirittura, gli anziani narravano che durante le ore di passeggio nella piazza del ponte, la piazza veniva divisa da un tronco di legno, in modo che i contadini o braccianti si limitavano a passeggiare nello spazio che gli era stato assegnato.

L'economia del paese era basata sulla pastorizia, sulla produzione della seta e del lino, sull'agricoltura (soprattutto grano, uliveti e fichi), sull'apicoltura e sulla cacciagione.

I proprietari, o possidenti,erano poche famiglie e mantenevano potere e proprietà contraendo vincoli di matrimonio con le famiglie dello stesso rango del paese o dei paesi vicini, e vi era quasi sempre un rapporto di parentela fra di loro.

Gli ufficiali dello stato civile, i capi della polizia municipale cioè i capi urbani, i sindaci, i notai, i cancellieri e i preti appartenevano quasi sempre alle stesse famiglie.

Nella prima metà dell'Ottocento, il paese contava tre laureati:il medico Antonio Piromalli, l'avvocato Vincenzo Mesiano, il farmacista Fortunato Musitano, nella seconda metà dell'ottocento vi erano il medico Filippo Vitale, il medico Giulio Vitale, l'avvocato Antonio Romano venuto da Palizzi, e successivamente il medico Vincenzo De Angelis.

Per quanto riguarda le donne la prima diplomata è stata la maestra Concetta De Angelis nel 1912, e la prima laureata, la professoressa Pia Lilia Medici nel 1926, figlia di Domenico e Caterina Musitano.

La maggior parte delle donne del popolo svolgevano il lavoro di filatrici; altre in minore numero, erano tessitrici; altre ancora erano contadine e domestiche.

I mestieri degli uomini erano quelli del bettoliere, dello stagnino, del mulattiere, del cavallerizzo, del mugnaio, del calzolaio, del muratore, del contadino, del barillaio e l'industriante (cioè quello che riusciva a sopravvivere senza mestiere ma per lo più commerciando).

Verso la fine del 1800 fu meglio organizzata l'attività della pesca; fra le prime famiglie di pescatori, si distinguevano quelle degli Aliano e degli Alessi, quest'ultima originaria di Napoli.

I massari, o mezzadri, appartenevano alla classe media, e per quell'epoca vivevano in quasi agiatezza. Ancora oggi a Brancaleone abbiamo una tradizione che i massari ci hanno tramandato, e cioè l'usanza di donare il pane dopo la commemorazione funebre: un "gesto" che aveva un significato non soltanto religioso.

Alla fine del 1800 cominciava a ripopolarsi la marina, abbandonata oramai da numerosi secoli per le continue insidie dei saraceni e le condizioni insalubri causate dalla malaria. 

Antica Piazza del Municipio di Brancaleone Marina

 

Nel 1896 lungo la costa erano state costruite poche case che, con l'andare del tempo, sarebbero diventate il primo nucleo del nuovo paese di Brancaleone marina e in consiglio comunale si ventilò la possibilità di trasferire la sede comunale alla marina. Nel 1897 veniva deliberata la costruzione della nuova casa comunale ed i lavori iniziati nell'agosto 1897 furono portati a termine alla fine del 1898.

Nel tempo le difficoltà connesse alla vita sull'antico colle di Brancaleone dove manca un acquedotto, non c'era linea elettrica, si raggiungeva con una lunga e ripida strada sterrata, indussero parte della popolazione a trasferirsi alla marina.

Così cominciò il declino dell'antico borgo.

Ai piedi di esso era nata la frazione di Razzà.Antica foto di Razzà

Successivamente a seguito di intensissime precipitazioni molte case furono danneggiate così si cominciò la costruzione con case popolari del Paese Nuovo di fronte a Razzà.

Con l'abbandono di Brancaleone superiore  molti dei vecchi edifici costruiti in pietra cominciarono ad andare in rovina, e si sà che caduto il tetto ben presto tutto un edificio si distrugge in breve tempo.

Oggi poco resta degli edifici dell'antico borgo (una foto antica del paese).

La chiesa nuova conteneva un altare pregiatissimo; nelle escursioni estive che facevo da ragazzo raggiungendo il colle con gli amici, ricordo che ne ammiravo bellezza regale, la ricchezza dei contrasti dei colori delle pietre di mosaico di cui era riccamente rivestito.  Oggi dell'altare resta solo un misero scheletro scrostato.

Gente senza alcun senso civico o magari ragazzini che non si rendevano conto delle proprie azioni hanno completamente devastato sia l'altare che la chiesa, le cui strutture erano seriamente minate dall'incuria.

Per fortuna  grazie ad un finanziamento pubblico la Chiesa è stata completamente ristrutturata e sono stati realizzati percorsi pedonali che consentono di visitare l'antico borgo.

Anche il paese di Brancaleone marina, che si è sviluppato in lunghezza ai piedi del colle dell'antica torre sperlongara, ha subito danni per l'abusivismo edilizio, e per la costruzione di edifici e tralicci che deturpano l'originaria bellezza del colle che cinge la marina di Brancaleone.

Si pensi che proprio di fronte al mare sorgeva l'antico edificio del Principe di Roccella con annessa cappella privata. Non è che fosse tutta questa grande bellezza tuttavia era una testimonianza significativa del passato, era parte della storia del paese.

Ebbene di questo palazzo non resta più nulla se non il nome della piazzetta antistante e cioè Piazza Principe di Roccella. Al suo posto oggi c'è un residence con piscina che è stato costruito al posto del vecchio edificio del Principe. Questo edificio che veniva comunemente chiamato da tutti "Le Scuole Medie" perchè quello era l'uso a cui era stato adibito negli ultimi anni.  Della vecchia cappella il progettista del residence con un barlume di pietà ha lasciato in vista parte delle vecchie strutture dell'abside che non è stato completamente demolito. Quei sassi antichi forse restano a rinnovare il ricordo e il continuo rimprovero che viene rivolto a chi con un colpo di spugna ha cancellato un pezzo di storia del paese.

Ritornando a Brancaleone Superiore però niente può togliere la magica bellezza del panorama che si vede al tramonto dall'antica piazza del paese oggi in rovina come il resto:

un mare che sembra infinito e si fonde col cielo in un abbraccio sensuale,

il profilo scuro e netto dei monti di Pietra Pennata, di Staiti, il più alto Monte Scapparrone, il colle di Ferruzzano, che cingono il colle di Brancaleone in un suggestivo abbraccio dai colori accesi,

il verde delle valli della Fiumarella e del torrente Pantano ricche di coltivazioni di vite ulivo e alberi di bergamotto,

il verde ancora più intenso dei cespugli di gelsomino, che anticamente veniva coltivato per estrarne l'essenza e che oggi hanno riacquistato il loro posto naturale sulle sponde dei corsi d'acqua,

il giallo dei campi a grano e foraggio coltivati sui nudi terreni di argille varicolori,

il bruno delle cime rocciose dei monti ed il rosso intenso del cielo del tramonto tra i monti.

Uno spettacolo che ferma il respiro, che porta l'anima a ricongiungersi con madre terra!

 

¹ - UN FANTASTICO FILMATO  SU BRANCALEONE SUPERIORE

fonte: Associazione Naturalmente Brancaleone

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